Ho aderito con gioia all'iniziativa di Iulia che sul suo bel blog La matassina rossa ha invitato a postare ogni mese, per quattro volte, le nostre ricette del cuore, quei piatti, dolci o salati, che , in qualche modo, raccontano di noi. Un modo splendido per conoscere altre amiche, per ricordare momenti, incontri, persone...
Ma andiamo con ordine.
La cucina...
Bè io adoro cucinare, da sempre credo... Ho ricordi della mia infanzia splendidi, i "mini-pranzetti" con nonno "dei sogni", il manuale di Nonna Papera e le prime sperimentazioni dolci, le cenette a tema organizzate in famiglia, la creatività di mamma "dei sogni" e i manicaretti di papà d.s.
E' naurale dunque che per me la cucina sia un modo di esprimermi, un'arte come ricamare, dipingere, scrivere, suonare... E' alchimia di profumi, magia di accostamenti, è fantasia, pazienza, amore. Soprattutto amore.
Amore per gli ingredienti che scelgo con cura, amo raccogliere la verdura nell'orto, gironzolare con il cestino nel giardino dei frutti di bosco, perdermi nel mio orto aromatico.
Amore per gli ospiti, di cui mi prendo cura coccolandoli con una tavola sempre diversa, calda e accogliente come un abbraccio, viziandoli con piccole attenzioni dall'aperitivo alla tisana che non manca mai per chi non gradisce il caffè.
Amore per me stessa perchè preparare un pranzo per 10 persone, una festa in giardino con tutti gli amici, una cena romantica a due è sempre una sfida e, al contempo, una catarsi.
E' decidere e indovinare i ritmi e i tempi: un piatto unico e corposo, un insieme veloce, un susseguirsi di piccoli assaggi, un menù complesso e raffinato, ogni scelta scandisce l'andamento della pranzo o della cena, ne determina i contenuti e le reazioni. Così, infine, vedere gli ospiti soddisfatti, sapere che ritorneranno presto, gustarsi la loro compagnia e l'affetto mi ripaga della fatica e della tensione, perchè diciamocelo, stabilire un menù, organizzare i tempi, cucinare, servire, intrattenere non è affatto semplice.
Credo, per tornare al tema del post, che non serva inventarsi ricette innovative o spentolare per ore o, ancora, fare voli pindarici culinari, perchè un piatto resti nel cuore... E' anche il contesto e, come dice Iulia, il momento, il ricordo, in cui si è assaporato un piatto a determinarne la magia, poi se la ricetta è particolarmente gustosa direi che merita di essere fissata sulle pagine del blog affinchè altre amiche la provino...
E allora questa lunga premessa per dire che non posterò ricette complicate o straordinari accostamenti, piuttosto piatti semplici che mi legano strettamente alle persone più care o ai momenti più belli della mia vita, che condividerò con voi.
Dove I. è l'iniziale del nome della mia coinquilina negli anni bolognesi dell'università, nonchè colei che mi ha fornito questa semplice ma golosissima ricetta che vi invito davvero a provare.
INGREDIENTI:250 gr. di cioccolato fondente
200 gr. di farina di mandorle
200 gr. di burro (io sono intollerante al lattosio, pertanto sostituisco il burro con 100 gr. di olio di semi)
200 gr. di zucchero
5 uova
2 cucchiai di fecola
Lo zucchero e la farina di mandorle vanno ridotti in una polvere finissima e uniti al composto di burro e cioccolato sciolti a bagnomaria (o nel microonde a bassissima temperatura).
Unire poi i tuorli d'uovo al composto assieme ai due cucchiai di fecola, per ultime, molto, molto delicatamente, le chiare d'uovo montate a neve fermissima.
Versare in una teglia e cuocere a 180° per 15 minuti, poi ancora per 45 diminuendo la temperatura del forno a 160°.
E' ottima spolverizzata di zucchero a velo, tagliata a quadrucci, e servita con un caffè alla cannella, oppure con un ciuffo di panna o, ancora, come ho fatto io con una pallina di gelato fatto in casa alla mandorla e una dose generosa si caramello demi-sel (fatto con zucchero, burro "demi-sel" e panna).
Che sapore ha questa torta?
Oggi ha il sapore della nostalgia per gli anni dell'ingenuità, della speranza, della voglia di fare, della curiosità, della sete di conoscenza, del desiderio di realizzarsi, dell'inconsapevolezza, della spensieratezza, della libertà.
Allora aveva il sapore della nostalgia, della voglia di crescere, l'ebrezza della novità, il timore e la gioia per il percorso iniziato.
Ma soprattutto ha, ancora e sempre il sapore di Bologna una città che mi è entrata nel cuore e nell'anima.
Bologna... bella, accogliente, antica e moderna, piccola ma grande.
Bologna e il mio appartamento in un quartiere che oggi stento quasi a riconoscere, un quartiere fatto di piccole botteghe e negozi storici che, progressivamente, sono stati fagocitati da attività cinesi. Dalla finestra della mia camera vedevo un immenso campo, una parvenza di campagna in piena città, una natura che oggi è diventata asfalo e palazzoni e traffico e caos...
Bologna e l'università, anch'essa così cambiata, ricordo ogni lezione come un tesoro da custodire, ho avuto la fortuna di incontrare docenti che mi hanno formata, plasmata, cambiata, mi hanno trasmesso le loro passioni che ho elaborato nel tempo e ho fatte mie...
Bologna e le piccole vie del ghetto, Corte Isolani, Santo Stefano, i negozi accanto a piazza Maggiore, i portici, le torri, i campanili, l'inizio estate sui colli, le serate all'aperto...
Bologna e il parco dei Cedri... Con C., andavamo la sera a correre dopo un pomeriggio di studio, ricordo la panda vetusta, ricordo il dolore dell'aria fredda che a fatica entrava nei polmoni d'inverno, la sensazione di libertà che la stanchezza conferiva, e la pizza salsiccia e funghi che prendevamo al ritorno in via S. Donato...
Bologna e i pomeriggi con A. che mi mancano tanto, la surrealità di G. (chissà che fine avrà fatto)! Le corse in bicicletta, le chiacchierate, i pettegolezzi, i piani di studio, le gite, gli aperitivi-cena al Rosa Rosae, le ore buche passate alla Feltrinelli a leggere a "sbafo", i viaggi in treno e le avventure (disavventure) d'inverno con la neve...
Già Bologna con la neve bellissima ma difficile, trafficata, caotica bloccata, oggi più di allora, "complicata" dalle zone a traffico limitato, frenata, cambiata.
Bella, bellissima, magica in primavera quando i primi caldi profumati e aromatici permettevano di rimanere fuori più a lungo e allora, inforcata la bicicletta, percorrevamo i vialoni fino ai giardini Margherita dove di pomeriggio studiavamo sull'erba e di sera giocavamo a pallone...
Già le serate... ricordo quello cupe dell'inverno, al freddo, a studiare per gli esami, con l'ansia che saliva e cresceva e la voglia di essere altrove, a casa, al sicuro... E le levatacce alla mattina del lunedì perchè tornare a Bologna di domenica pomeriggio era "devastante", come l'attesa per gli esami, questi poi non sembravano mai finire e ora, anche loro, sono diventati un dolce ricordo lontano, quasi una nostalgia e una voglia di rimettersi in gioco e studiare ancora.
Ricordo la spensieratezza delle serate di inizio estate ad esami finiti, le discoteche all'aperto che raggiungevamo in due sul motorino di I. e i suoi problemi d'amore...
E' il ricordo di una vita fa, di anni che oggi ho la consapevolezza siano stati irripetibili e bellissimi, di sensazioni che solo chi ha provato l'esperienza universitaria "fuori casa" sa riconoscere, sono i ricordi che questa ricetta evoca ogni volta che la preparo e che ho condiviso con voi...
Come dicevo cucinare è catarsi e così questi ricordi piacevoli affiorati, mi hanno permesso di cullarmi nella dolce nostalgia di un passato che mi ha reso la donna che sono oggi, piena di curiosità e speranze come allora, disillusa certo, delusa a tratti, ma con tanto sogni e soprattutto più consapevole dei miei mezzi e dotata di strumenti adeguati per cercare tenacemente di realizzarli.
Alla prossima ricetta!!!!