Prima di partire pensavo che al ritorno avrei scritto del mare, del cielo e pubblicato le foto di questo luogo incantao che accompagnerà il nostro inverno. Ma questo sarà un post diverso che spero leggerete fino alla fine...
E' il racconto della parte più intensa della nostra vacanza, è una favola a lieto fine, è la storia della grettezza e della superficialità umana ma, al contempo, anche di altruismo e generosità... E' una storia di mare anche se non ci sono i pirati...
E' la sua storia, o meglio, è quella di una piccola parte della sua vita, quella che il destino ci ha donato di condividere.
Ma vado con ordine. Io e marito "dei sogni" siamo usciti spesso in barca, la stessa scelta lo scorso anno più e più volte, un'alternativa alle poche, affollatissime spiagge dell'isola, un modo per godere pienamente della splendida natura di questo luogo e dell'eccezionale ospitalità e cortesia dei due proprietari divenuti, in questi due anni, nostri amici.
Sostavamo languidamente alla Tabaccara dopo un abbondante, delizioso pranzo a base di pesce, godendoci il silenzio, il caldo del sole, la brezza e quei colori incantevoli quando un paio di persone hanno insistito per compiere il giro dell'isola, promesso dai cartelloni al molo e dunque da compiersi nonostante il lato nord dell'isola presentasse risacca e un mare decisamente mosso.
Nonostante il dissenso di molti di noi, siamo partiti per quella che si preannunciava come un'inutile galoppata di un'ora con la prevedibile conseguenza di mal di mare (da parte mia soprattutto) e poco altro.
Marito d.s. e io, sempre assieme al nostro amico proprietario della barca, ci trovavamo sulla parte alta dove c'è il timone e proprio questo mi ha permesso di avvistare in mare una sagoma, un musetto spuntare dall'acqua e con grande emozione ho capito che si trattava di una tartaruga marina della specia più diffusa nelle acque del Mediterraneo, la Caretta caretta vero e proprio simbolo dell'isola.
La gioia per l'avvistamento si è immediatamente infranta quando ci siamo resi conto che l'animale si trovava in enorme difficoltà, ancorata al palangrese di cui aveva inghiottito una delle centinaia di lenze che lo compongono. Mio marito è sceso immediatamente e, assieme a Tania, la moglie del capitano, sono riusciti, non senza difficoltà a causa del mare mosso, a recuperare la poverina e a tagliare la lenza il più possibile vicino alla sua bocca. Il danno era evidente, il filo da pesca le usciva anche dietro, segnale che da tempo si trovava in balia delle onde e del peso della lunga barra di plastica (forse lunga più di tre metri) appesantita dall'acqua.
Mi sono davvero commossa a guardare quel musetto buffo ma evidentemente sofferente, a vederla ostinatamente correre verso i margini della barca, verso il mare che d'istinto sentiva ma non poteva raggiungere... Sembra un animale così forte, con i suoi 18 kg e un carapace coriaceo e apparentemente inscalfibile, eppure così indifesa.
Mi ha riempita di orgoglio mio marito e mi ha fatto tenerezza l'amore e la delicatezza con cui si è preso cura di lei, recuperando a fatica e di continuo l'acqua di mare per idratarla, bagnando il muso, il collo, il carapace...


E' stato un tragitto lungo quello che ci ha riportati in porto dove finalmente abbiamo potuto chiamare i volontari del centro di reupero tartarughe del WWF.
E mentre aspettavamo ho assistito a scene che mi hanno fatto pensare, ancora una volta, a quanto i limiti umani siano enormi, a quanta gente attraversa l'esistenza senza rendersi conto di cosa li circonda, di come la superficialità dilaghi ad ogni età e latitudine e di quanto orrore e disgusto provo per questa gente!
Sciacallaggio, non ho altro per definire la calca di gente attorno alla barca in porto una volta sparsasi la voce che avevamo con noi una tartaruga... Alla compostezza di tutti noi presenti a bordo ha fatto da contrappunto la dissennatezza di piccoli ma significativi episodi a cui ho assistito nella breve attesa.
Più di tutti mi ha disguastata una signora, piombata in barca senza consentire ad altri di scendere e senza chiedere il permesso, che in tono decisamente piccato ha redarguito un signore dicendo: "Ma insomma, aspetti a scendere, mi faccia salire, voi vi siete goduti la tartaruga tutto il pomeriggio ora tocca a me". L'ho guardata e mi ha fatto pena... Mi ha fatto pena la superficialità del suo vivere, la sua supponenza, la sua ignoranza non celata dal tronfio benessere da viaggio "all inclusive" che deve avverarsi anche in un posto, come Lampedusa che decisamente (e fortunatamente) non è per tutti!
Le ho fatto notare con calma ma con durezza l'assurdità delle sue parole, ho cercato di farle prendere coscienza della portata di quell'esternazione, dopo poco se n'è andata, ma decine di persone erano a bordo e per alcuni minuti è stato impossibile arginare la stupidità di chi sorridendo voleva prendere la tartaruga per scattare la foto-trofeo della vacanza... E molti ci sono riusciti!
Ora mi domando e domando a voi: ma con quale coraggio mostrereste a casa la foto di voi sorridenti con in braccio una tartaruga dalla cui bocca pende una lenza??? I vostri amici e parenti non vi chiederebbero cosa ci faceva in barca con voi una tartaruga??? E avreste il coraggio di dire loro che la tartaruga era sofferente, ferita e forse morente??? E cosa avrebbero pensato di voi sorridenti a tormentare una creatura agonizzante??? Io una sola cosa: MOSTRI!!!!!
Poi mio marito, i proprietari della barca e il figlio sono riusciti ad avere la meglio e la barca si è svuotata non senza lamentele e sono rimasta io a raccontare la storia ad alcune ragazze educate e rispettose disgustate come noi di quanto visto e sentito. Frasi come: "Ma la smetta di bagnarla che vengono male le foto", "levate quello straccio che non si vede il carapace", "la sollevi che non la inquadro bene nell'obiettivo" oppure "ma cosa fa con quell'acqua, non bagni l'animale che mi sta rovinando le ciabatte"... restano ad indelebile memoria a monumento della persona che non vorrei mai essere.
Vorrei che questa "denuncia" arrivasse alle persone che hanno pronunciato le frasi che ho riportato, mi piacerebbe che leggessero le mie parole e magari si vergognassero anche solo un pochino...
Poi sono arrivate le ragazze del WWF accompagnate dal veterinario e hanno recuperato la tartaruga con cura e preoccupazione per portarla al centro di recupero delle tartarughe, fino allo scorso anno in località capo Grecale, quest'anno spostato in un luogo ritenuta dal comune più consono, un'angusta ala della stazione marittima al Porto vecchio. Qualche giorno dopo ci siamo recati al centro, purtroppo ora non aperto al pubblico, per avere notizie e abbiamo incontrato persone splendide come Daniela, la biologa marina che da vent'anni si dedica a questa missione e il giovane veterinario che, dopo la diffidenza iniziale immediatamente passata, ci hanno accolto.
Ci hanno parlato della gentilezza dei proprietari della nostra barca, Tania e Andrea del Barracuda, dell'ostracismo che incontrano da sempre da parte della gente del posto e soprattutto dei pescatori, incuranti del patrimonio ambientale di cui dispongono quando si parla di salvaguardia e tutela, un po' meno quando in via Roma, i negozi rigurgitano gadgets di ogni tipo a forma di tartaruga da vendere ai turisti (magari agli stessi incontrati da noi in barca); ci siamo commossi quando ci hanno ringraziato per esserci interessati ancora alle tartarughe e a non aver considerato il loro centro al pari di uno zoo come fanno quasi tutti, ci hanno fatto capire l'importanza del salvataggio e ci hanno permesso di vederla. La piccola ha alzato il musino verso di noi e ci ha spruzzato un po' di acqua, ci piace pensare che ci abbia riconosciuti.
In quel momento la tartaruga attendeva di essere operata e ancora non si poteva prevedere il danno procurato all'intestino dalla lenza, più pericolosa ancora degli ami che di consuetudine si infilzano in bocca, gola o esofago. Il chirurgo che opera le tartarughe arriva a Lampedusa una volta a settimana dall'università di Bari, è il professor Antonio di Bello, unico al mondo ad operare le tartarughe senza incidere il piastrone, cioè la parte ventrale del guscio.
Così domenica sera, rientrati ormai a casa ma con il cuore ancora a Lampedusa, abbiamo telefonato a Daniela che, commossa per la nostra costanza, ci ha annunciato che la nostra piccola amica, una giovane tartaruga femmina di circa 10 anni, si salverà. Le sono stati estratti 2,80 metri di lenza senza danni irreversibili, forse a fine mese verrà liberata in mare. Ora attendiamo il prossimo fine settimana per ulteriori aggiornamenti.
Questo è fortunatamente il lieto fine, come in ogni favola, non privo di ostacoli.
L'ostacolo è l'ignoranza ma anche l'omologazione e l'adattamento al vacuo turista di massa, che consuma la vacanza senza capire o assaporare l'essenza dei luoghi e delle personea. Mi scuso per la durezza ma questo turismo è una piaga e certe persone sono parassiti per quest'isola incantata e vera, temprata dal sole e dal vento, come le persone splendide che abbiamo incontrato e conosciuto; parassiti perchè la consumano attraverso il miraggio del guadagno che portano.
L'incontro con la tartaruga Caretta caretta per noi è valso l'intera vacanza, ci ha fatto capire tanto di noi e del prossimo, di ciò che vogliamo essere e di come non saremo mai.
Daniela, la biologa marina del centro di recupero delle tartarughe di Lampedusa (che non gode di alcun tipo di sovvenzione pubblica), ci ha chiesto di fare qualcosa perchè, una volta a casa, la gente possa conoscere la loro realtà e i loro problemi.
Grazie a questo blog ho conosciuto tutte voi meravigliose amiche, raccontando questa storia spero, nel mio piccolo, che la mia voce possa essere un pochino più forte e arrivare a tanti e dunque lontano, la conoscenza è la prima arma per preservare i paradisi che abbiamo nel nostro paese e le creature che li abitano!
Ma vado con ordine. Io e marito "dei sogni" siamo usciti spesso in barca, la stessa scelta lo scorso anno più e più volte, un'alternativa alle poche, affollatissime spiagge dell'isola, un modo per godere pienamente della splendida natura di questo luogo e dell'eccezionale ospitalità e cortesia dei due proprietari divenuti, in questi due anni, nostri amici.
Sostavamo languidamente alla Tabaccara dopo un abbondante, delizioso pranzo a base di pesce, godendoci il silenzio, il caldo del sole, la brezza e quei colori incantevoli quando un paio di persone hanno insistito per compiere il giro dell'isola, promesso dai cartelloni al molo e dunque da compiersi nonostante il lato nord dell'isola presentasse risacca e un mare decisamente mosso.
Nonostante il dissenso di molti di noi, siamo partiti per quella che si preannunciava come un'inutile galoppata di un'ora con la prevedibile conseguenza di mal di mare (da parte mia soprattutto) e poco altro.
Marito d.s. e io, sempre assieme al nostro amico proprietario della barca, ci trovavamo sulla parte alta dove c'è il timone e proprio questo mi ha permesso di avvistare in mare una sagoma, un musetto spuntare dall'acqua e con grande emozione ho capito che si trattava di una tartaruga marina della specia più diffusa nelle acque del Mediterraneo, la Caretta caretta vero e proprio simbolo dell'isola.
La gioia per l'avvistamento si è immediatamente infranta quando ci siamo resi conto che l'animale si trovava in enorme difficoltà, ancorata al palangrese di cui aveva inghiottito una delle centinaia di lenze che lo compongono. Mio marito è sceso immediatamente e, assieme a Tania, la moglie del capitano, sono riusciti, non senza difficoltà a causa del mare mosso, a recuperare la poverina e a tagliare la lenza il più possibile vicino alla sua bocca. Il danno era evidente, il filo da pesca le usciva anche dietro, segnale che da tempo si trovava in balia delle onde e del peso della lunga barra di plastica (forse lunga più di tre metri) appesantita dall'acqua.
Mi sono davvero commossa a guardare quel musetto buffo ma evidentemente sofferente, a vederla ostinatamente correre verso i margini della barca, verso il mare che d'istinto sentiva ma non poteva raggiungere... Sembra un animale così forte, con i suoi 18 kg e un carapace coriaceo e apparentemente inscalfibile, eppure così indifesa.
Mi ha riempita di orgoglio mio marito e mi ha fatto tenerezza l'amore e la delicatezza con cui si è preso cura di lei, recuperando a fatica e di continuo l'acqua di mare per idratarla, bagnando il muso, il collo, il carapace...
E' stato un tragitto lungo quello che ci ha riportati in porto dove finalmente abbiamo potuto chiamare i volontari del centro di reupero tartarughe del WWF.
E mentre aspettavamo ho assistito a scene che mi hanno fatto pensare, ancora una volta, a quanto i limiti umani siano enormi, a quanta gente attraversa l'esistenza senza rendersi conto di cosa li circonda, di come la superficialità dilaghi ad ogni età e latitudine e di quanto orrore e disgusto provo per questa gente!
Sciacallaggio, non ho altro per definire la calca di gente attorno alla barca in porto una volta sparsasi la voce che avevamo con noi una tartaruga... Alla compostezza di tutti noi presenti a bordo ha fatto da contrappunto la dissennatezza di piccoli ma significativi episodi a cui ho assistito nella breve attesa.
Più di tutti mi ha disguastata una signora, piombata in barca senza consentire ad altri di scendere e senza chiedere il permesso, che in tono decisamente piccato ha redarguito un signore dicendo: "Ma insomma, aspetti a scendere, mi faccia salire, voi vi siete goduti la tartaruga tutto il pomeriggio ora tocca a me". L'ho guardata e mi ha fatto pena... Mi ha fatto pena la superficialità del suo vivere, la sua supponenza, la sua ignoranza non celata dal tronfio benessere da viaggio "all inclusive" che deve avverarsi anche in un posto, come Lampedusa che decisamente (e fortunatamente) non è per tutti!
Le ho fatto notare con calma ma con durezza l'assurdità delle sue parole, ho cercato di farle prendere coscienza della portata di quell'esternazione, dopo poco se n'è andata, ma decine di persone erano a bordo e per alcuni minuti è stato impossibile arginare la stupidità di chi sorridendo voleva prendere la tartaruga per scattare la foto-trofeo della vacanza... E molti ci sono riusciti!
Ora mi domando e domando a voi: ma con quale coraggio mostrereste a casa la foto di voi sorridenti con in braccio una tartaruga dalla cui bocca pende una lenza??? I vostri amici e parenti non vi chiederebbero cosa ci faceva in barca con voi una tartaruga??? E avreste il coraggio di dire loro che la tartaruga era sofferente, ferita e forse morente??? E cosa avrebbero pensato di voi sorridenti a tormentare una creatura agonizzante??? Io una sola cosa: MOSTRI!!!!!
Poi mio marito, i proprietari della barca e il figlio sono riusciti ad avere la meglio e la barca si è svuotata non senza lamentele e sono rimasta io a raccontare la storia ad alcune ragazze educate e rispettose disgustate come noi di quanto visto e sentito. Frasi come: "Ma la smetta di bagnarla che vengono male le foto", "levate quello straccio che non si vede il carapace", "la sollevi che non la inquadro bene nell'obiettivo" oppure "ma cosa fa con quell'acqua, non bagni l'animale che mi sta rovinando le ciabatte"... restano ad indelebile memoria a monumento della persona che non vorrei mai essere.
Vorrei che questa "denuncia" arrivasse alle persone che hanno pronunciato le frasi che ho riportato, mi piacerebbe che leggessero le mie parole e magari si vergognassero anche solo un pochino...
Poi sono arrivate le ragazze del WWF accompagnate dal veterinario e hanno recuperato la tartaruga con cura e preoccupazione per portarla al centro di recupero delle tartarughe, fino allo scorso anno in località capo Grecale, quest'anno spostato in un luogo ritenuta dal comune più consono, un'angusta ala della stazione marittima al Porto vecchio. Qualche giorno dopo ci siamo recati al centro, purtroppo ora non aperto al pubblico, per avere notizie e abbiamo incontrato persone splendide come Daniela, la biologa marina che da vent'anni si dedica a questa missione e il giovane veterinario che, dopo la diffidenza iniziale immediatamente passata, ci hanno accolto.
Ci hanno parlato della gentilezza dei proprietari della nostra barca, Tania e Andrea del Barracuda, dell'ostracismo che incontrano da sempre da parte della gente del posto e soprattutto dei pescatori, incuranti del patrimonio ambientale di cui dispongono quando si parla di salvaguardia e tutela, un po' meno quando in via Roma, i negozi rigurgitano gadgets di ogni tipo a forma di tartaruga da vendere ai turisti (magari agli stessi incontrati da noi in barca); ci siamo commossi quando ci hanno ringraziato per esserci interessati ancora alle tartarughe e a non aver considerato il loro centro al pari di uno zoo come fanno quasi tutti, ci hanno fatto capire l'importanza del salvataggio e ci hanno permesso di vederla. La piccola ha alzato il musino verso di noi e ci ha spruzzato un po' di acqua, ci piace pensare che ci abbia riconosciuti.
In quel momento la tartaruga attendeva di essere operata e ancora non si poteva prevedere il danno procurato all'intestino dalla lenza, più pericolosa ancora degli ami che di consuetudine si infilzano in bocca, gola o esofago. Il chirurgo che opera le tartarughe arriva a Lampedusa una volta a settimana dall'università di Bari, è il professor Antonio di Bello, unico al mondo ad operare le tartarughe senza incidere il piastrone, cioè la parte ventrale del guscio.
Così domenica sera, rientrati ormai a casa ma con il cuore ancora a Lampedusa, abbiamo telefonato a Daniela che, commossa per la nostra costanza, ci ha annunciato che la nostra piccola amica, una giovane tartaruga femmina di circa 10 anni, si salverà. Le sono stati estratti 2,80 metri di lenza senza danni irreversibili, forse a fine mese verrà liberata in mare. Ora attendiamo il prossimo fine settimana per ulteriori aggiornamenti.
Questo è fortunatamente il lieto fine, come in ogni favola, non privo di ostacoli.
L'ostacolo è l'ignoranza ma anche l'omologazione e l'adattamento al vacuo turista di massa, che consuma la vacanza senza capire o assaporare l'essenza dei luoghi e delle personea. Mi scuso per la durezza ma questo turismo è una piaga e certe persone sono parassiti per quest'isola incantata e vera, temprata dal sole e dal vento, come le persone splendide che abbiamo incontrato e conosciuto; parassiti perchè la consumano attraverso il miraggio del guadagno che portano.
L'incontro con la tartaruga Caretta caretta per noi è valso l'intera vacanza, ci ha fatto capire tanto di noi e del prossimo, di ciò che vogliamo essere e di come non saremo mai.
Daniela, la biologa marina del centro di recupero delle tartarughe di Lampedusa (che non gode di alcun tipo di sovvenzione pubblica), ci ha chiesto di fare qualcosa perchè, una volta a casa, la gente possa conoscere la loro realtà e i loro problemi.
Grazie a questo blog ho conosciuto tutte voi meravigliose amiche, raccontando questa storia spero, nel mio piccolo, che la mia voce possa essere un pochino più forte e arrivare a tanti e dunque lontano, la conoscenza è la prima arma per preservare i paradisi che abbiamo nel nostro paese e le creature che li abitano!